Lascerà un grande vuoto ma anche una grande lezione di cultura Paolo Moreno, morto oggi all’età di 86 anni. Udinese, dopo essersi diplomato al liceo classico “Stellini”, si laureò a Bari in archeologia cristiana, completando in seguito la sua formazione ad Atene e quindi a Roma, allievo degli storici dell’arte antica di chiarissima fama Ranuccio Bianchi Bandinelli e Giovanni Becatti: dai suoi maestri il nostro illustre concittadino ricevette una solida impostazione classicista di ispirazione idealistica crociana che egli seppe però anche superare, coniugando la ricerca storico-artistica con il contributo delle discipline scientifiche per una corretta analisi dei reperti archeologici, oltre ad aprirsi a una dimensione divulgativa e aggiornata.
Non si contano le pubblicazioni di Paolo Moreno, apparse su riviste specialistiche italiane e straniere, oltre ai suoi studi pubblicati su imprese editoriali internazionali come il Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae e sull’Enciclopedia dell’arte antica classica e orientale Treccani.
La fama del professor Moreno è tuttavia legata soprattutto all’interpretazione e all’identificazione delle più eclatanti scoperte archeologiche del XX secolo o di altre opere dell’arte greca già note: a lui si deve il riconoscimento dei celeberrimi Bronzi di Riace nella figura degli eroi mitologici Tideo e Anfiarao, due dei Sette che marciarono contro Tebe, al centro di una vicenda che ispirò la tragedia eschilea “I Sette contro Tebe” (questo studio è stato pubblicato per la casa editrice Gallimard nel 1998: “I Bronzi di Riace. Il Maestro di Olimpia e i Sette a Tebe”). Altro autorevole intervento critico di Paolo Moreno fu quello sul mosaico pompeiano (tratto dalla Villa del Fauno e oggi conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli) della “Battaglia di Alessandro”: gli studi dell’archeologo e storico dell’arte udinese permisero di riconoscervi la “firma” dell’artista greco Apelle e di comprendere che la scena descritta non è, come si pensava, quella della battaglia di Isso bensì quella di Gaugamela.
Prof. Gabriele Ragogna