I martedì del Consiglio di Direzione e la comunità bertoniana
«Dove sei?»: è questa la domanda che il Signore rivolge ad Adamo (Gn3, 9) che si è nascosto dopo aver aver mangiato del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
È l’istantanea di una umanità che si è persa: Adamo non è più al centro del giardino e si è nascosto perché non ha saputo essere custode attento dell’Eden.
E oggi? Dove si è smarrita l’umanità?
Ci pare proprio questo il filo conduttore degli articoli di cui vi proponiamo la recensione: «Uomo, dove sei?».
Il patto educativo globale di Rita Locatelli (in Rivista Lasalliana 87, 2020 -2, p. 211-221)
Viviamo in un mondo complesso, incerto e fragile. Lo sa bene il Papa, sensibile alla precarietà dei sistemi economici, sociali e relazionali di oggi.
Fortemente voluto da Francesco, il Global Compact on Education è un invito ad unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna.
1. Lo stato dell’educazione nel mondo
Viviamo in un mondo globalizzato e l’educazione, come l’ambiente, la salute e l’economia non può che essere una questione necessariamente globale.
Se l’Agenda 2030 per lo sviluppo Sostenibile rappresenta l’impegno della comunità internazionale a trasformare il nostro mondo, ecco che l’educazione è trasversale ai 17 obiettivi del progetto.
Lo sappiamo bene: la cultura mondiale è una sfida difficile, ma è anche una risorsa imprescindibile per il futuro dell’umanità.
I dati, tuttavia, non sono confortanti nonostante gli impegni presi in Agenda nel 2015: l’analfabetismo è ancora una piaga tristemente è ampiamente diffusa nei continenti.
2. L’educazione: da bene pubblico a bene comune
Il nuovo obiettivo riferito all’educazione si fonda sul principio della cultura come come diritto dell’uomo e bene pubblico, la cui responsabilità è sempre stata attribuita allo Stato: è questo, infatti, che deve assicurare in prima battuta un’istruzione gratuita e di qualità almeno a livello dell’istruzione obbligatoria.
Nel corso degli anni, tuttavia, è stato sempre più evidente che lo sforzo dello Stato non è sufficiente a garantire l’offerta: urge un quadro internazionale di formulazione strategica. L’ UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) definisce i beni pubblici come quei beni la cui utilità trascende i confini nazionali e regionali e abbraccia più gruppi di popolazioni non solo con riferimento alla condizione territoriale, ma anche dal punto di vista socio-economico e generazionale.
Questa nuova prospettiva dei beni comuni cambia e amplia la governance dell’educazione: chiede di sanare le disuguaglianze, di porre attenzione agli elementi culturali e sociali, di diventare, in definitiva, una governance più democratica dei sistemi.
È importante sottolineare un ulteriore cambio di prospettiva: l’educazione come bene comune, mette al centro la persona come motore di relazione, superando il passato concetto di educazione come investimento socio-economico individuale.
Educazione come bene comune, allora, sia davvero patrimonio di tutti, quel complesso di cose desiderate che vorremmo augurare a noi e alle persone a cui siamo legati (Carlo Maria Martini).
3. L’educazione come bene globale
L’educazione come bene comune chiama in causa, a questo punto, la partecipazione di tutti: la cultura, diritto umano, diventa risorsa di solidarietà e dialogo universale.
L’educazione intesa come bene globale sia dunque voce di interi Paesi e di cittadini che scelgono e lottano per il proprio benessere.
4. L’educazione come bene comune globale e il Global Compact on Education
Costruire un villaggio universale: è questo l’appello del Papa che ha sapientemente individuato nell’alleanza educativa la possibilità di instaurare un nuovo modello di cooperazione fra i Paesi.
Costruire il villaggio universale significherà, dunque, richiamare a una grande responsabilità l’umanità intera, sfidarla ad essere disponibile al dialogo, anche religioso, tra le diverse culture, a promuovere l’accoglienza e a condannare ogni tipo di discriminazione.
Sentinella, a che punto è la notte? di Ivano Dionigi (in Osa sapere, ed. Solferino, 2019, pp.1-2)
Il professor Dionigi afferma che l’uomo oggi è spettatore di una duplice e concomitante rivoluzione: quella sociale dell’immigrazione che decreta il tramonto definitivo dell’eurocentrismo e quella tecnologica che rende tutto istantaneo e planetario.
Ecco, dunque, la domanda del profeta Isaia (21, 11): «Sentinella, a che punto è la notte?». Dionigi avverte forte la preoccupazione dell’uomo di smarrire alcuni fondamentali e, prontamente, ci suggerisce di aggrapparci alle “tre i”:
Intelligere: dobbiamo cogliere (legere) il dentro (intus) e la relazione (inter) delle cose perché i conflitti sono sempre ignoranza.
Interrogare: Dionigi ci suggerisce di abitare le domande, di lasciarci coinvolgere dai perché interrogativi poiché l’ars interrogandi è più importante di quella respondendi.
Invenire: è scoprire, nel duplice significato di trovare, sia ciò che ci è notum, ma che abbiamo sotterrato, e di inventare quanto di novum ci viene prospettato.
L’esercizio della speranza di Enzo Bianchi (Repubblica, 28 settembre 2020, p.26)
La riflessione del monaco di Bose, come tutti i suoi scritti, non aggira le domande più spinose dell’uomo, ma le affronta con saggezza e speranza.
Ed è proprio dalla comprensione di cosa sia la speranza che le grandi domande dell’uomo possono essere affrontate.
Anche Bianchi constata l’avanzata della crisi. Tutto sembra finire: la civiltà occidentale, la modernità e anche il cristianesimo. Precarietà e incertezza minano le nostre vite e caratterizzano il futuro delle nuove generazioni come un’incognita.
In cosa possiamo sperare?
E ancora: ha un senso sperare?
La risposta dell’autore è, in sostanza, la stessa del professor Dionigi: la speranza è un’arte e va coltivata. La speranza è discernimento e il discernimento è, in definitiva, intelligere, interrogare, invenire.
Bianchi ci ricorda che l’umano non è dato una volta per tutte, bensì è un divenire che abbisogna di un orientamento, di una progettualità, di uno scopo per cui operare, in modo da trovare un senso.
Impariamo e soprattutto insegniamo nostri ragazzi a divenire sentinelle attente e, forse, impareremo a capire a che punto è la notte.
A martedì prossimo
don Pasquale Cavallo
Fratel Adriano Baldo
prof. Gabriele Ragogna
prof.ssa Antonella De Bortoli
prof. Max Fassetta
prof.ssa Giovanna Zanella
prof.ssa Maria Simonini