I martedì della Direzione 01/12/2020

I martedì del Consiglio di Direzione e la comunità bertoniana

(Ordine del giorno: Parte prima (gestione del quotidiano con uno sguardo verso il futuro) – 1. Scuole aperte on line: bilancio 2. Incontro con i neo-eletti rappresentanti degli studenti di classe 3. Registrazione e archiviazione del materiale didattico e illustrativo delle nostre scuole 4. Numero unico Bertoni 2020-2021: pianificazione. Parte seconda (formazione) – 5. Rassegna stampa: aggiornamento permanente della comunità bertoniana).

«La buona notizia è questa: ogni generazione viene al mondo con i fondamentali che deve avere; sono idealisti come noi, goffi come noi, teneri come noi, stupidi come noi che volevamo cambiare il mondo ogni momento. La cattiva notizia è questa: trovano noi. E noi siamo un po’ cambiati»
(Pierangelo Sequeri, Intorno a Dio) Onora l’adulto che è in te: gli adulti non sono più quelli di una volta
Armando Matteo (NPG n. 7 novembre 2020);

1. Una possibile definizione di adulto
Il teologo Sequeri ci invita a riflettere su un dato interessante: ogni nuova generazione che viene al mondo possiede tutto quello che deve possedere per fare il proprio mestiere, ma è anche investita di una grande responsabilità e cioè quella di lasciare il giusto spazio di manovra alle generazioni successive.
Il pensiero di Sequeri prende le mosse da una constatazione: le generazioni degli adulti (i Boomers, i nati tra il 1946 e il 1964, e la X Generation, i nati tra il 1964 e il 1980) sono un po’ cambiate. Anche il giurista italiano Gustavo Zagrebelsky, autore di un saggio intitolato Senza adulti, non ha dubbi: intorno a noi non ci sono più rappresentati di ciò che la parola “adulto” evoca. Sembra, invece, di intravedere, accanto ai giovani veri, tanti, anzi tantissimi, giovani falsi e falsificati. Insomma, sembra che di adulti veri all’altezza della propria identità e responsabilità ce ne siamo sempre di meno.
Ma cosa significa essere adulti? È sapersi aprire all’altro, vivere di oneste relazioni, essere disposti al dialogo come sostengono le scienze filosofiche, ma è anche curare e amare il prossimo così come si ama e si cura se stessi sull’esempio di Gesù.
Puntuale è sicuramente la definizione di adulto che ci offre Romano Guardini (Le età della vita, 2011): All’origine dell’età adulta sta il processo attraverso il quale l’uomo si è ben radicato nella sua persona e nel suo carattere, e si è pienamente inserito nella realtà che lo circonda; egli prende coscienza di cosa significhi “saper stare in piedi da solo”, ed è deciso a metterlo in pratica. A questo punto si sviluppa ciò che si chiama carattere, cioè la stabilità interiore della persona, che non è rigidità e neppure sclerosi dei punti di vista e degli atteggiamenti; ma consiste piuttosto nella connessione delle facoltà attive del pensiero, del sentimento e della volontà con il proprio centro spirituale.

Diventare adulti significa, allora, portare a fioritura la nostra condizione umana.
E dunque, afferma Sequeri, è invece proprio partire dalla generazione dei Boomers, seguita dalla XGeneration, che non si è più riconosciuta e promossa la volontà del diventare adulto, nel senso appena esposto, quanto la volontà di “restare giovane” ad ogni costo. Siamo di fronte alla liquidazione dell’età adulta e all’ esaltazione della giovinezza modello per l’intera esistenza.

2. Il cambiamento d’epoca
Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è uncambiamento diepoca.Siamo, dunque, in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; costituiscono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza: è quanto affermato da Papa Francesco (Natale 2019) che puntualmente legge con lucidità il nostro tempo. L’innovazione scientifica, tecnologica e medica ci consentono di passare una vita decisamente faticosa e difficile ad una vita i cui orizzonti e possibilità di sviluppo si rendono sempre più ampi e reali.
Che senso avrebbe diventare adulti, potendo restare giovani per sempre? Oggi la vita non trova più la sua raffigurazione pertinente in una sorta di “imbuto” alla cui parte larga si collocherebbe la nascita, l’infanzia e la giovinezza, tempi di esplorazione e di possibilità, e alla cui parte tubolare, ristretta, invece quella adulta, contrassegnata da quelle scelte irreversibili e definitive, familiari e lavorative, che incanalerebbero il soggetto umano in un percorso obbligato quasi asfissiante e semplicemente destinato all’evento della morte.
Mai la vita, come al presente, è apparsa ai rappresentanti delle generazioni adulte un bene così grande, disponibile, alla propria portata. Oggi ci si sente liberi, ma questa libertà, se mal interpretata, spesso deresponsabilizza.

3. La fatica di educare
L’idolatria della giovinezza mette, prima o poi, inesorabilmente l’adulto davanti al suo tallone d’Achille: la responsabilità in campo educativo. Sempre Romano Guardini puntualizza: L’educatore deve aver ben chiaro al riguardo che a incidere maggiormente non è ciò che dice, bensì ciò che egli stesso è e fa. Questo crea l’atmosfera; e il fanciullo, che non riflette o riflette poco, è soprattutto ricettivo dell’atmosfera. Si può dire che il primo fattore è ciò che l’educatore è; il secondo è ciò che l’educatore fa; il terzo ciò che egli dice. L’idolatria della giovinezza rischia di azzerare relazione educativa adulto-giovane, genitore-figlio: Adulti-così-non-adulti nulla hanno da insegnare ai giovani: l’educazione finisce, lì dove l’adulto interpreta la propria esistenza non più come un cammino nella potenza dell’umano che pure si dirige verso la morte, ma come un continuo vivere “contromano”, per ritornare indietro, per bloccare l’orologio biologico, per recuperare il paradiso perduto.

Educare invece esige di entrare in dialogo leale con i giovani, ci chiede di ripensarci come adulti, ci impone di riappropriarci del senso di responsabilità: ci vuole modelli credibili.

4. I traghettatori della vita
Il saggio recensito si conclude con un inno di benedizione di quegli adulti che, consapevolmente, vogliono essere adulti: desideriamo condividerlo integralmente nella speranza che ci aiuti a vivere la nostra adultità non con senso di rassegnazione, ma con l’entusiasmo e la freschezza proprie di quella nostra gioventù, che è sicuramente passata, ma che deve continuare a vivere in noi responsabilmente.
Benedetti quegli adulti,
allora, che hanno consapevolezza che
«Al centro di tutto quello che si può ereditare c’è la posta segreta di tale pas- saggio, un certo sentimento dell’esistenza. È soprattutto in questo tratto invisibile e indicibile, in questo “di più” della trasmissione, che viene a rivelarsi la cifra umana
di coloro che ci hanno generati; in una parola, per quello che più ci riguarda, uno specifico modo di amare e di amarci. Più precisamente, la loro capacità di amare
la vita per quello che è e non come location ideale dei propri sogni o bisogni; la vita nel suo connotato più reale, nella sua irriducibilità a qualsivoglia aspettativa narcisistica».
Benedetti quegli adulti,
perciò, che sanno la limitatezza, la debolezza, la vecchiaia, la malattia, la morte, che toccano in dote ad ogni essere umano. Sanno tutto ciò, ma non lo maledicono né scioccamente lo rifiutano. Riconoscono e accettano che la legge della crescita è la capacità della rinuncia e nello stesso tempo la capacità di uno sguardo accogliente sulla vita in tutte le sue manifestazioni.
Benedetti quegli adulti,
che vivono allora una generosa ospitalità nei confronti del mondo e delle sue leggi, dalla quale solo prende forma e forza il loro servizio educativo e la loro responsabilità verso le nuove generazioni. Consegnando così ai figli la testimonianza più preziosa da che esista al mondo: che la vita è sempre degna dell’umano desiderio.
Benedetti quegli adulti,
ancora, che mai dimenticano la differenza tra volere bene ai figli e voler il bene dei figli. Solo chi vuole e cerca il bene dei figli, prepara adeguatamente questi ultimi al confronto con gli altri, con l’altro del mondo e con il mondo dell’altro. Li prepara all’avventura dell’adultità.
Benedetti quegli adulti,
perciò, che non lusingano eccessivamente i propri figli ma che sono sempre capaci di dare la giusta dose di incoraggiamento e sanno garantire una fiducia che genera a propria volta fiducia. In se stessi, negli altri, nel mondo, in Dio.
Benedetti quegli adulti, ancora, che sanno attivare nei cuccioli d’uomo la capacità di vedere ciò che non si vede e la capacità di vedere ciò che non si vende. A partire da quel piccolo essenziale e invisibile spazio che è il nostro “io”. Uno spazio da conoscere, amare e coltivare. È quello lo spazio dell’umano per eccellenza: lo spazio del desiderio.
Benedetti quegli adulti,
infine, che sono perciò consapevoli che ogni umano è impastato con la mancanza, con la finitezza, con la trascendenza e che fanno memoria ai loro figli di quella verità centrale della religione cristiana, così ben espressa da Pierangelo Sequeri:
«La convinzione di Gesù è che nessun uomo, anche quando ha fame, desidera semplicemente del pane; che nessun uomo, anche quando ha bisogno di riempire la sua solitudine, desidera semplicemente un corpo caldo sul quale dormire; che nessun uomo, anche quando sperimenta la desolazione della malattia, desidera semplicemente sopravvivere. Gesù è profondamente convinto di questo. L’uomo desidera assai più di ciò di cui ha bisogno».

A martedì prossimo!

                                                                                 

                                      don Pasquale Cavallo

                   Fratel Adriano Baldo

prof. Gabriele Ragogna

prof.ssa Antonella De Bortoli

                                                                                 prof. Max Fassetta 

                                                                                 prof.ssa Giovanna Zanella

                                                                                 prof.ssa Maria Simonini