L’attività sportiva, ancor prima di costituire per molti giovani che la praticano un’occasione importante di divertimento, socializzazione e sana crescita fisica, veicola una visione della vita che riguarda anche l’interiorità e i valori della persona: sotto questo profilo educativo, essa ha molto da trasmettere persino a quanti non amano l’agonismo in sé.
Le scuole Bertoni (e i licei in particolare che ospitano numerosi studenti-atleti anche di alto livello) riservano pertanto molta attenzione allo sport e alla sua valenza formativa, all’interno di una “ecologia integrale” ambientale e antropologica che coniuga la cura della mente e dell’anima con quella del corpo e del contesto naturale che ne sostiene un sano sviluppo: l’educazione alla salute e agli stili di vita salubri e sostenibili (verso se stessi e verso il nostro pianeta) accompagna il nutrimento culturale e spirituale su cui si fonda il percorso scolastico curricolare. L’idea stessa di “movimento” attivo sulla quale si basano le discipline sportive, infatti, secondo noi non si limita alla dimensione fisico-corporea, ma investe la persona nella sua totalità. Anche lo studio, sostenuto dalla curiosità verso il sapere, implica il movimento intellettivo, così come il nostro ideale di scuola-laboratorio in cui si costruiscono e si mettono in pratica le conoscenze; l’invito, rivolto ai nostri alunni, a non accontentarsi mai, a non “vivere seduti”, a non cadere vittime della noia e dell’apatia, è anch’esso uno sprone al movimento. Altrettanto possiamo affermare sull’azione educativa sociale che il Bertoni promuove: desideriamo aprire i ragazzi alla realtà, renderli protagonisti nella costruzione di un mondo migliore, guidarli all’assunzione attiva di responsabilità civili e morali; tutto ciò, ancora una volta, implica un’agilità interiore che non è diversa, mutatis mutandis, dallo scatto dell’atleta che si è allenato con tenacia e spirito di sacrificio, sostenuto dalla motivazione, per potersi preparare alla gara. Non è pertanto un caso se da sempre la Chiesa stessa ha creduto nella valenza pedagogica dello sport, impegnandosi a offrire ai giovani, accanto a un luogo di culto e preghiera e spesso a una scuola, uno spazio per il gioco e il sano movimento fisico.
Forti di queste convinzioni, il 3 dicembre scorso abbiamo organizzato per i nostri liceali un convegno dal titolo “Le competenze etiche dello sport”: esso ha visto l’intervento di autorevoli relatori e la partecipazione, come testimone d’eccezione, della campionessa olimpica plurimedagliata Manuela Di Centa, la quale ha trasmesso ai giovani presenti l’incoraggiamento a scegliere ciò che accende profonde passioni nell’anima e procura soddisfazioni interiori: se perseguiamo tale obiettivo, diventeremo capaci di sostenere sacrifici e di superare anche pregiudizi e ostacoli (come quelli che l’atleta di Paluzza dovette affrontare, da ragazza, nella pratica dello sci nordico, considerato da molti una disciplina prettamente maschile), scoprendo la “bellezza della difficoltà”, utilizzando parole della stessa Di Centa.
A guidare le riflessioni sulla dimensione etica dello sport è stato il professor Luca Grion, docente di filosofia morale all’Università di Udine, membro di importanti comitati scientifici nazionali nonché appassionato corridore: nei punti salienti del suo intervento, egli ha sottolineato quali valori l’agonismo possa trasmettere alla vita e alla società per migliorarle. Innanzitutto, chi decide di dedicarsi a una pratica sportiva accetta di condividere una serie di regole convenzionali che disciplinano il gioco stesso e prevedono in primis il rispetto dell’avversario e del direttore di gara: tutto ciò insegna la correttezza, la lealtà, lo spirito collaborativo finalizzato a realizzare la giustizia, la capacità di subordinarsi a una volontà altrui che non sempre deve necessariamente coincidere con la nostra. C’è tuttavia anche un aspetto più interiore insito nello sport ed è quello della sfida con se stessi. L’atleta di qualunque livello, cioè, si pone degli ostacoli e si impone dei sacrifici per rafforzare il proprio senso di autoefficacia, per abituarsi a superare le difficoltà della vita; tutto questo però, secondo il professor Grion, non deve guidare all’illusione, talvolta presente in modo distorto nello sport, di un superomismo invincibile e di una potenza illimitata, poiché ciò significherebbe non accettare se stessi, con le proprie potenzialità finite e non infinite, e potrebbe portare ad adottare mezzi disonesti pur di raggiungere a tutti i costi i risultati più performanti. L’etica sportiva, al contrario, è insegnamento a sfidare i nostri limiti per scoprire i nostri confini: chi non accetta i propri limiti, non accetta la propria identità, confondendo i sogni con la realtà. La filosofia morale dello sport aiuta inoltre a valorizzare l’empatia e il senso del giusto mezzo (allorchè si diventa capaci di non gioire smodatamente per una vittoria, umiliando la dignità dell’avversario sconfitto, e di non abbattersi di fronte a un insuccesso, rinunciando agli obiettivi che ci appassionano: riflessioni, queste, presenti già nei più antichi pensatori greci), a scoprire la dimensione solidale dello spirito di squadra, con attenzione soprattutto agli elementi più deboli e bisognosi di sostegno, nella convinzione, come scrisse Aristotele, che “l’uomo è per natura un essere sociale”, all’interno di un equilibrio tra “io” e “noi”. Praticare una disciplina sportiva, infine, esige alto senso dell’onestà prima di tutto verso se stessi, non cadendo nella cultura dell’alibi che addossa sempre agli altri la responsabilità di un fallimento o di un errore. Non è poi mancato, nell’intervento del filosofo Grion, un cenno realistico ad alcune problematiche legate al settore sportivo: non soltanto quelle più note della truffa e del doping, ma anche quelle più sottili della retorica che esalta educazione e valori che non sempre, purtroppo, vengono praticate.
E’ quindi seguita la testimonianza della dottoressa Emiliana Bizzarini, medico specializzato nel settore riabilitativo e paralimpico, la quale ha fornito agli studenti alcune conoscenze basilari sul tema della disabilità sia sul piano fisico, sia su quello psicologico, insistendo sul ruolo dello sport per tutti come strumento efficace di contrasto all’emarginazione sociale a cui rischiano di andare incontro le persone diversamente abili. In linea con questo, il convegno si è chiuso con la partecipazione, molto sentita dal pubblico, di due atleti della squadra udinese di hockey in carrozzina “Madracs”: hanno colpito la passione e la determinazione di questi sportivi, che come tali vogliono essere visti e giudicati, anziché essere compianti per la loro difficile condizione fisica. I Madracs costituiscono una squadra agonistica competitiva vera e propria, riuscita per altro a raggiungere la massima serie in Italia in tale disciplina: la capacità di vincere ogni ostacolo in nome della passione per il gioco, l’ideale di sana competizione e leale meritocrazia che questi ragazzi hanno saputo trasmettere ai liceali bertoniani hanno bene riassunto l’etica sportiva che ha fatto da tema conduttore del convegno, ribadendo come lo sport sia inclusione nel giusto riconoscimento delle differenze.
Prof. Gabriele Ragogna