Di Virgilio e di noi

Ai più tu sarai apparsa come una semplice pianta ornamentale adagiata ora sulla cattedra, ora sul davanzale di un’aula, quella occupata dalla quinta liceo classico. Un verde virgulto in un vaso: niente di più; né figlie vistose, né fiori colorati, né dimensioni ragguardevoli; una piantina, insomma, tutto sommato insignificante per chi non ne conosca la storia.

Sei apparsa il primo giorno dello scorso anno scolastico, il quarto liceale, quello dominato in letteratura latina dal grande poeta Virgilio, a cui ti lega un così intenso legame che i “tuoi” ragazzi ti hanno voluto persino dare un nome, appunto Virgilio. Cosa può unirti a quell’autore del mondo antico vissuto oltre duemila anni fa? La poesia virgiliana è popolata di alberi e piante, alle quali spesso il poeta attribuisce un sovrasenso figurale e allegorico, cogliendo nelle forme della natura i tanti lati dell’animo dell’uomo e delle vicende della storia. C’è un testo virgiliano, in particolare, la quarta ecloga, che canta l’umana speranza universale di rigenerazione cosmica all’insegna della pace, della fratellanza, della comunione tra uomo e creato, di un’esistenza tranquilla rinnovata e purificata dall’avvento sulla Terra di un misterioso bambino venuto dal cielo che simboleggia quella nuova era di redenzione e di liberazione dal male: il “puer” a cui i cristiani diedero il nome di Cristo. Virgilio annuncia che l’inizio di questo miracolo avverrà nel germogliare di piante che accoglieranno la nascita del “puer” e, tra queste, nomina il “baccar” che è stato identificato nell’elicriso, altrimenti noto come “perpetuina” in collegamento alla longevità di questa essenza ritenuta eterna e immortale. Ecco svelata la tua identità. Virgilio avrebbe potuto ornare di piante ben più nobili il suo testo poetico che trasmette un messaggio così alto e sacro: ulivo, alloro, palma, quercia…, simboli di potenza, di gloria, di fama, di forza. Invece no: ha scelto te, umile elicriso, che abbondi sui terreni sassosi e dimenticati, che non hai bisogno di cure, che passi inosservato perché resti basso e forse solo il tuo intenso profumo, che ricorda la liquirizia, svela la tua riservata presenza. Virgilio ti ha scelto assieme alle tamerici, che si lasciano piegare dal vento, così come Leopardi ha tanto amato la povera ginestra, che affonda le radici nell’arida lava del Vesuvio. La poesia virgiliana, che esprime un inno alla pace e dà voce alle creature dimenticate e più umili e sofferenti, ha identificato in te, umile elicriso, i valori dai quali dobbiamo ripartire per creare un mondo pacificato e affratellato: la semplicità, l’attenzione verso i più piccoli e i più deboli, la capacità di apprezzare le cose povere e umili, lo sguardo amorevole di chi sa comprendere il mistero sacro della vita in ogni suo aspetto, soprattutto in quelli nascosti.

E così tu, silenziosa pianta, per mesi e mesi sei cresciuta insieme alle ragazze e ai ragazzi di quinta classico: hai ascoltato i loro discorsi, vissuto le loro lezioni, sei stata accudita da loro, che ti hanno voluto persino donare la mistica terra di Delfi, portata in un fazzoletto dal viaggio in Grecia. In quel vaso, in quelle minuscole foglie, è racchiusa una storia di affetto e di amicizia che durerà per sempre.

Ora tu vivrai nel giardino del Bertoni, dove i “tuoi alunni” ti daranno una definitiva dimora, al termine del loro cammino liceale. Alcuni di loro, forse, partiranno per altre città e altri Paesi, le loro vite cambieranno, ma tu sarai sempre lì ad aspettarli, spandendo nell’aria il tuo profumo e raccontando a tutti coloro che entreranno in questa scuola la vostra storia.

 

La quinta liceo classico mette oggi a dimora nel giardino del Bertoni la piantina che ha accompagnato questi suoi anni di scuola, una pianta di cui parla Virgilio nella IV ecloga e che è carica di simbologie spirituali. Grazie ragazzi per ogni giorno di questi meravigliosi cinque anni vissuti insieme